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Finanziamenti pubblici e privati allo sviluppo dei vaccini Covid-19

Di Simona Gamba

È stato recentemente pubblicato uno studio commissionato dal Parlamento Europeo sui finanziamenti, pubblici e privati, relativi ai vaccini Covid-19 (disponibile al seguente link: https://www.europarl.europa.eu/thinktank/en/document/IPOL_STU(2023)740072).

Lo studio evidenzia come buona parte del rischio finanziario associato alla ricerca e sviluppo e all’avvio della produzione dei vaccini contro il Covid-19 sia stato assunto dal settore pubblico. Ciò nonostante, questo onere per i contribuenti non è stato bilanciato da un potere decisionale sui prezzi e sulla distribuzione.

Lo studio si focalizza sugli 8 vaccini approvati dall’EMA (European Medicine Agency) per la distribuzione in Europa (al momento della pubblicazione dello studio, 7 più uno ancora sottoposto a valutazione), e su un vaccino fortemente finanziato dal settore pubblico ma ritirato dall’azienda farmaceutica durante la fase di valutazione dei risultati dei trial clinici.

Per questi vaccini, i finanziamenti terzi per la ricerca e sviluppo e l’espansione della capacità produttiva sono stati di circa 9 miliardi. Ovvero, in media un miliardo di sovvenzioni a vaccino, anche se con un’enorme variabilità tra vaccini e imprese riceventi: dai 2 miliardi per Novavax e Sanofi, all’assenza di finanziamenti esterni per Pfizer (che però ha sviluppato il proprio vaccino, Comirnaty, insieme a BioNTech, che ha ricevuto circa 700 milioni di euro). Tali finanziamenti sono pervenuti principalmente dal governo americano, e solo in modo residuale dall’Unione Europea e da singoli governi europei (prevalentemente la Germania, che però ha finanziato solo aziende tedesche, e il Regno Unito), nonché da entità filantropiche, partnership pubblico-private, banche per lo sviluppo e aziende terze. Questi finanziamenti sono stati concessi prima di sapere se la ricerca e sviluppo avrebbe portato a un vaccino commercializzabile e, in quanto sovvenzioni a fondo perduto, non hanno comportato nessun obbligo per le imprese riceventi. Inoltre, nessuna condizionalità è stata posta sulla proprietà, il governo e il controllo dei risultati della ricerca, lasciando le decisioni sui prezzi e la distribuzione dei vaccini in capo alle aziende farmaceutiche.

A questi finanziamenti si sono aggiunti 21 miliardi di “advanced purchase agreements”, ovvero degli accordi di acquisto antecedenti all’approvazione del vaccino stesso, e pertanto soggetti al rischio che il vaccino non fosse poi approvato. Tali finanziamenti sono pervenuti in egual misura da Stati Uniti e Unione Europea.

Dall’altro lato, le imprese hanno realizzato investimenti per circa 5 miliardi di euro in ricerca e sviluppo, e 11 miliardi per investimenti produttivi “a rischio”, ovvero effettuati prima di avere la certezza di poter commercializzare il vaccino.

Questi numeri ovviamente sono solo delle stime. Se dal lato degli investimenti pubblici la difficoltà a fornire numeri certi è legata alla pluralità di fonti di finanziamento, dal lato delle imprese solo alcune aziende farmaceutiche hanno fornito informazioni (seppur parziali, ad esempio per quanto riguarda l’area geografica di riferimento) circa gli investimenti effettuati, e pertanto negli altri casi questi sono stati stimati.

Pur tenendo conto di questi limiti, lo studio evidenzia come la disponibilità dei vaccini esaminati sia stata resa possibile principalmente grazie all’intervento pubblico: gli Stati, e in misura residuale altri enti terzi, hanno contribuito con 30 miliardi di investimenti, mentre le imprese hanno contribuito con soli 16 miliardi. Questo senza considerare il ruolo avuto dai finanziamenti pubblici precedenti alla pandemia Covid-19 rivolti alla ricerca di base, su cui la ricerca e sviluppo per i vaccini Covid-19 si è fondata. Nonostante la maggior parte del rischio finanziario che ha consentito alla realizzazione dei vaccini esaminati sia stata assunta dal settore pubblico, questa assunzione del rischio da parte degli Stati e dei contribuenti non è stata bilanciata da una condivisione dei profitti e dei risultati della ricerca, dato che la titolarità dei brevetti è rimasta unicamente in capo alle aziende farmaceutiche.Di conseguenza, dopo aver finanziato buona parte della ricerca ed essersi assunti il relativo rischio finanziario, i contribuenti e i governi adesso si trovano a pagare per ogni dose di vaccino cifre decisamente superiori ai costi di produzione. Ad esempio, il primo “advanced purchase agreement” tra Moderna e la Commissione Europea prevedeva un prezzo di 22,5 dollari a dose (ma Moderna ha recentemente annunciato di voler portare il prezzo attuale a 100 dollari), a fronte di un costo di produzione inferiore a 3 dollari (anche in questo caso, questo valore è stimato, in quanto non reso pubblico dall’azienda). A fronte dei 9 miliardi di euro ricevuti tramite “advanced purchase agreements” e quasi 1 miliardo di sovvenzioni a fondo perduto, non si può neanche dire che questi elevatissimi profitti siano giustificati dal rischio di mercato assunto dall’impresa.

Immagine di torstensimon da Pixabay

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